Riflessi

Si alzò lentamente.
Con calma fece pochi passi mirati per avvicinarsi alla porta e mettersi in attesa nella solita posizione annoiata. Qualcuno avrebbe potuto scambiarlo per un automa programmato per fare ciò che stava facendo dato che guardava dritto davanti a sé ignorando tutto il resto.
La giornata per lui era iniziata da almeno un’ora ma la sua testa era ancora spenta ed apparentemente non mostrava il minimo accenno di volersi accendere: non aveva avuto voglia di leggere il bellissimo libro che portava nella sua borsa nè di dare una scorsa a qualche notizia dal suo cellulare, si sentiva troppo stanco ed annoiato.
All’improvviso però il tempo si fermò, tutto ciò che c’era attorno a lui sparì e rimase in piedi da solo. Le persone erano davvero sparite, non le stava semplicemente ignorando, in quel momento tutto era svanito e tutto si era fermato, non c’era nessun’altro, solo lui e quel vetro inserito nella porta che aveva davanti.
Guardò con più attenzione e realizzò che su quel vetro scuro vedeva il suo viso riflesso, oltre era tutto buio e si intravedevano delle sagome nere sfuggenti, in rapido movimento, impossibili da distinguere.
Fu in quel momento che si rese conto che solo grazie a quell’oscurità poteva vedere il suo viso, solo grazie a quel vetro oscurato dal buio poteva guardare sè stesso, solo grazie a quel momento oscuro poteva vedere chi era davvero.
Quell’oscurità che spesso si tende a demonizzare e ad evitare, d’istinto, perché le cose devono andare sempre bene.
Passarono alcuni istanti e oltre il vetro la luce fece di nuovo capolino infrangendo la magia, il tempo riprese il suo corso e le persone tornarono al loro posto, esattamente dove erano prima.
Il treno iniziò a rallentare e dopo qualche secondo si fermò, aprendo le porte del vagone.
Varcò velocemente con un passo quella soglia scendendo dalla metropolitana ed iniziò a camminare spedito sulla banchina mentre, sorridendo, si rese conto che, anche quel giorno, la sua testa era tutto fuorché spenta.

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