Il gioco rotto

“Non è giusto Papà!!”, disse Lorenzo buttandosi sul divano, scuro in volto e con un principio di pianto che faticava a trattenere.
“Cosa non è giusto, Lorenzo?”, disse suo padre in piedi sulla soglia del soggiorno.
“Non è giusto che quel gioco si sia rotto… uffa!!!”
Purtroppo il giorno prima si era rotto il gioco ricevuto in regalo dai genitori a Natale e la cosa aveva deluso parecchio il piccolo Lorenzo.
“Ma te l’ho detto, quel gioco è difettoso. Lo abbiamo controllato assieme, ho provato a ripararlo ma non posso esagerare altrimenti rischiamo di invalidare la garanzia e il negoziante non ce lo cambierà più.”
“Ma non è giusto… non è giusto!” mugugnò il bambino sul divano cominciando a piangere.
Lorenzo non era solito fare capricci e quelle poche volte che succedeva non sfruttava il pianto come arma, anche perché aveva scoperto a sue spese che non faceva presa sui suoi giovani genitori. Inoltre erano mesi che non piangeva ma in quel momento non vedeva nessuna alternativa, aveva tutto il diritto di farlo per la perdita di quel giocattolo che tanto lo aveva fatto divertire negli scorsi giorni.
“Non è giusto che proprio il mio… sigh… tra migliaia di pezzi venduti, dovesse essere quello difettoso…” disse asciugandosi una lacrima che gli colava sulla guancia mentre continuava a fissare la scatola sul tavolo.
Suo papà allora prese una sedia, la avvicinò al divano, si sedette e disse: “E, sentiamo un po’, cosa sarebbe stato giusto allora, Lorenzo?”.
“Sarebbe stato giusto se l’unico gioco difettoso non fosse stato il mio, ora sarei in camera a giocare e a divertirmi e invece, per colpa di questa coincidenza, sono qui a disperarmi!” rispose di getto il bambino.
“Allora, innanzitutto non puoi essere sicuro del fatto che il tuo sia davvero l’unico gioco difettoso. Inoltre non vedo come possa essere giusta una cosa che semplicemente scarica su un’altra persona ciò che è successo a te, perché ovviamente sai che un altro bambino avrebbe ricevuto il gioco difettoso ed altrettanto ovviamente sai che ora lui sarebbe nella tua condizione…”
“E allora sarebbe stato giusto se tutto questo non fosse mai successo e se non mi avessi mai regalato quel gioco, piuttosto avrei preferito rimanere senza regalo, ora sarei in camera a giocare con qualche altro gioco, mi starei divertendo e non starei così… ecco… sigh… uffa!!” disse il bimbo stizzito, con le lacrime che ormai scorrevano abbondanti.
“Lorenzo, non sei più un bambino e sai che ormai ti considero abbastanza grande e intelligente per poter fare dei discorsi seri. Rifletti un attimo su ciò che hai detto, davvero credi che sarebbe stato meglio non aver ricevuto nulla in regalo? Davvero preferiresti non aver passato quei momenti divertenti e piacevoli che hai passato negli scorsi giorni?”
L’uomo fece poi una piccola pausa, passando nel frattempo al bimbo un fazzoletto con cui asciugarsi le lacrime, ma dopo pochi secondi incalzò: “E soprattutto non ti rendi conto che con quest’ultima frase hai trovato da solo la risposta a questo tuo momento triste?”
“Papà…ma che dici, non è vero!” disse il bambino con un misto tra stupore e disappunto.
“Hai appena detto che piuttosto avresti preferito divertirti con qualche altro tuo gioco… E non mi sembra che ora ci sia qualcosa che te lo possa impedire. Sai bene che appena il negozio concluderà il periodo di ferie andremo assieme a cambiarlo, potresti semplicemente pensare che grazie a quel gioco nuovo ti sei divertito negli scorsi giorni. Potresti accettare il fatto che ora è rotto, che quando ce lo cambieranno potrai continuare a giocarci e che, nel mentre, hai tante altre cose con cui puoi divertirti. Quindi invece di piangere e disperarti, perché non andiamo in camera tua a giocare a qualcos’altro?”
“Ma…”
“Ma cosa?”
“Niente papà, hai proprio ragione…” disse Lorenzo balzando in piedi. In un attimo raggiunse correndo la soglia della sala per poi fermarsi un secondo a gridare: “Allora papà, che ci fai ancora lì? Andiamo in camera mia a giocare!!”
 
Senza preavviso ed apparentemente senza motivo nella mente di Lorenzo era riaffiorata questa scena della sua infanzia e, nonostante fossero passati più di vent’anni, si era ritrovato catapultato nel passato in un flashback nitido e dettagliato.
Ora si trovava di nuovo nel presente e niente era cambiato rispetto a pochi istanti prima: era disteso sul divano, le braccia dietro la testa e lo sguardo vago verso il soffitto, in testa un ciclone di sentimenti e di pensieri contrastanti, una confusione enorme e una voglia immensa di capire come fare a scacciare il dolore mentre le giornate passavano senza che riuscisse a reagire. Erano giorni che non aveva voglia di uscire di casa, aveva evitato le uscite con gli amici ma sentiva quelli più stretti al telefono per confidarsi, mentre loro cercavano di aiutarlo. Ma niente stava funzionando, ogni cosa aveva lo stesso effetto di una paletta che sposta la sabbia in un secchiello: dopo poco tutto tornava nella stessa situazione iniziale.
Era da solo, senza quella persona che credeva di amare, quella persona che alcuni giorni prima lo aveva lasciato nel peggiore dei modi, ripudiando i mesi trascorsi assieme. Un colpo di spugna improvviso su una lavagna piena di frasi, di sentimenti, di ipotesi, di progetti, evidentemente scritte soltanto da una delle due persone.
Lorenzo continuò a fissare il soffitto cercando di svuotare la mente da tutti i pensieri ed i ricordi che aveva con lei. Non poteva fare a meno di pensare che era stato tutto così bello, fin dal primo momento. Certo, si rendeva conto che considerando ciò che era appena successo probabilmente era stata tutta un’illusione, ma per lui era stato qualcosa di reale, qualcosa in cui aveva creduto davvero.
Ed era questa la cosa che, in fondo, rendeva tutto così difficile.
Non era facile nemmeno resistere alla tentazione di piangere, Lorenzo aveva scoperto che le lacrime erano un buon modo per avere un sollievo temporaneo ma questa volta riuscì a contenerle più per inedia che per autocontrollo.
 
All’improvviso suonò il citofono e il giovane uomo fu costretto a scacciare per un attimo tutti i suoi pensieri e ad alzarsi, mentre si chiedeva chi potesse essere.
“Chi è?” chiese scocciato.
All’altro capo c’era Eugenio, il suo migliore amico, che dopo una breve esitazione rispose: “Lorenzo ciao! Sono io, come va? Passavo di qui per caso così ho pensato che potremmo andare a berci una birra al nostro solito pub!”.
Non era vero, Eugenio era passato di lì di proposito ma questo a Lorenzo non voleva dirlo.
“No, guarda… non me la sento proprio… è che in questi giorni, mah sai bene cosa sto affrontando…” rispose di getto Lorenzo, non senza una buona dose di stupore per la visita inaspettata.
Ma l’amico incalzò interrompendo la sua esitazione: “Dai su… non mi sembra che ora ci sia qualcosa che te lo possa impedire! Sei a casa a far nulla!”
Non mi sembra che ora ci sia qualcosa che te lo possa impedire…
“Ma io, ecco… non so.”
Seguì un lungo silenzio, Eugenio voleva continuare ad insistere ma non voleva esagerare, Lorenzo era totalmente indeciso sul da farsi.
“Però forse hai ragione… perchè no? Dammi 10 minuti che mi preparo e scendo!”.
 
Così Lorenzo uscì di casa ed andò al pub con il suo amico Eugenio.
Certo non cambiò improvvisamente tutto, non riuscì a dimenticare il dolore né ad accantonare completamente la tristezza e la serata fu a tratti cupa con numerosi riferimenti a ciò, o più precisamente a colei, che aveva causato tutto.
Ma ci fu qualcosa in più, qualcosa che sperimentò in prima persona e che non avrebbe potuto imparare in nessun altro modo: Lorenzo capì che in quel momento non poteva far altro che provare a convivere con quei sentimenti e ricominciare a vivere normalmente, proprio come gli aveva detto suo padre svariati anni prima.
Un vecchio insegnamento, un grande Amico e una frase detta d’istinto carica di significati: ecco quindi come Lorenzo cominciò a scrivere un nuovo capitolo del grande libro della sua vita.

3 pensieri su “Il gioco rotto

Scrivi un commento